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Cavallo Agricolo Italiano da Tiro Pesante Rapido

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Semplicemente la più importante razza da tiro italiana, il cavallo agricolo italiano da tiro pesante rapido, successivamente abbreviato in CAITPR, è conosciuto all’estero anche come Italiano da Tiro.

 

Veneto ed Emilia Romagna costituiscono lo scenario ideale per l’allevamento di questi cavalli da oltre 2000 anni.

La tradizione equina italica in queste regioni risale sino al 67 a.C., periodo in cui nella zona fra le foci dei fiumi Timavo e Isonzo sorgevano importanti allevamenti di cavalli dal mantello bianco inviati a Roma per le manifestazioni del Circo Massimo.

Dopo un periodo di difficoltà e una lenta ripresa avviatasi già nel corso dell’Alto Medioevo, fra il XV e il XVI secolo vennero effettuati incroci con soggetti orientali, abbandonati dai Saraceni dopo i loro ripetuti blitz nel Friuli.

A seguito di nuovi contatti con stalloni delle truppe napoleoniche fu possibile fissare razze autoctone quali la Friulana, la Piave, la Marinotta, la Sagramosa e la Polesine, oltre a quelle allevate dai Gonzaga e dagli Estensi in Emilia Romagna: sono queste razze a costituire la base genetica del CAITPR.

Storia Del Cavallo Agricolo Italiano

Fu a partire dal 1860 che il Deposito Stalloni di Ferrara, ancora oggi attivo con il nome di Istituto Incremento Ippico, promosse una selezione partendo da stalloni del Polesine, esemplari orientali, Puro Sangue Inglesi e Hackney, con l’obiettivo finale di dare il via alla produzione di un cavallo leggero da destinare al lavoro nei campi e all’uso nell’esercito.

Nel corso del Novecento si assiste ad una decisa inversione di tendenza, per cui si cerca di ottenere un cavallo di stazza maggiore e capace di esprimere una forza maggiore.

Per raggiungere l’intento vennero utilizzati riproduttori di razza Boulonnais e Percheron, ma fondamentale risultò l’apporto di sangue Bretone.

In questa operazione, nel 1927, svolgono un ruolo determinante le cosiddette “Stazioni di fecondazione selezionate”, istituite con una legge del 1926.

Al 1927 risale la prima generazione controllata e si avvia la formazione delle famiglie italiane del tipo “agricolo/artigliere”, detto anche “derivato bretone”.

Le zone di produzione riconosciute ufficialmente erano la pianura veneta, il ferrarese e gran parte della pianura friulana.

Questo tipo di produzione ippica, assolutamente nuovo per l’Italia in quanto sino ad allora il nostro paese non aveva annoverato nel proprio panorama equino nessuna razza da tiro pesante, riscosse subito grande successo.

Lo testimonia l’acquisto di giovani stalloni di “derivato bretone” da parte di vari Deposito Stalloni, quali quello di Crema, di Reggio Emilia e di Pisa.

Al termine della seconda guerra mondiale, la situazione disastrosa in cui versavano le principali strutture italiane si rifletteva anche nel campo dell’allevamento, per cui si decise di puntare principalmente su alcuni soggetti di CAITPR superstiti.

Esauritosi l’interesse militare per questa razza, fu il settore agricolo ad alimentare il processo evolutivo del CAITPR.

Durante gli anni ’50 si assiste alla diffusione di riproduttori maschi di questa razza in nuove aree geografiche del paese, quali la Puglia, la Sardegna e in gran parte dell’Italia centrale.

È in questo stesso periodo che la denominazione ufficiale di Cavallo Agricolo Italiano da Tiro Pesante Rapido viene adottata, in coincidenza con l’istituzione del libro genealogico.

Fra gli anni ’60 e la fine degli anni ’70 l’allevamento del CAITPR andò incontro a un inarrestabile declino e molti degli allevatori storici cessarono la propria attività a fronte dell’intensa meccanizzazione cui andava incontro il settore agricolo italiano.

Solo la lunga tradizione ippofaga del nostro paese ha garantito la sopravvivenza di questa razza, spostando l’interesse economico da quello agricolo a quello del consumo di carne equina.

Caratteristiche Fisiche del Cavallo Agricolo Italiano

Alto al garrese fra i 150 e i 163 cm, il Cavallo Agricolo Italiano ammette mantelli sauro, ubero e baio, con frequenti marcature sulla testa.

La testa, dalle linee piuttosto squadrate, appare leggera, raffinata, lunga e affusolata, a profilo montonino, con fronte ampia e adornata da abbondanti ciuffi di pelo.

Le orecchie sono generalmente piccole , mentre gli occhi sono grandi e dotati di un certo grado di vivacità.

Il collo è breve, dotato di ottima muscolatura, piantato su una base larga e arricchito da una folta criniera.

Il garrese è ben rilevato e asciutto e prosegue con una linea dorso-lombare poco estesa ma rettilinea, completata da reni solidissime, fianchi torniti, groppa obliqua.

L’attaccatura della coda risulta più bassa di quanto ci si attenderebbe in un cavallo da tiro.

Il torace presenta una profondità eccellente, reminiscenza di quello del Bretone, derivante dagli arti anteriori perfettamente distanziati.

Le costole sono correttamente arrotondate.

Gli arti interiori risultano molto muscolosi, anche se le articolazioni appaiono arrotondate.

Gli avambracci si presentano di ottima lunghezza e perfettamente saldati alle spalle, ben inclinate e aderenti al corpo.

Per quanto riguarda gli arti posteriori, nonostante gli stinchi sembrino meno robusti di quanto dovrebbero, nel complesso sono accettabili.

I piedi denunciano un difetto morfologico abbastanza marcato, essendo troppo squadrati, mentre lo zoccolo, pur non essendo molto grande, risulta proporzionato alla stazza.

In generale gli appiombi sono corretti.

Utilizzi del Cavallo Agricolo Italiano

Apprezzato per l’innata capacità di eseguire i lavori con un eccellente ritmo, il Cavallo Agricolo Italiano si distingue anche per la falcata lunga e armoniosa e il suo trotto contraddistinto da una buona dose di energia.

Protagonista per decenni del progressivo sviluppo dell’agricoltura italiana, il Cavallo Agricolo Italiano ha dimostrato la propria versatilità nelle risaie, nei campi di grano e nel trasporto dei raccolti.

Di facile adattamento ad ogni tipo di clima e di alimentazione, il Cavallo Agricolo Italiano è anche stato un punto di riferimento per le aziende di trasporti di alcune grandi città, come Milano.

Attualmente il CAITPR può essere allevato sia in stalle che allo stato brado e riduce notevolmente l’impatto ambientale sostituendo le macchine motorizzate nei lavori boschivi e nella silvicoltura.

Infaticabile e sufficientemente nevrile, il CAITPR risulta un soggetto interessante per gli attacchi e si dimostra affidabile e docile nelle attività agrituristiche.